Anche nel cartone c’è il vino buono: “Ma tutto dipende dal rubinetto”

La Vitop è leader mondiale nella produzione della chiusure delle “bag in box”, ormai sempre più diffuse

Il lockdown ha accelerato una nuova transizione nel mondo del vino anche nella tradizionalista Italia: sempre più persone si rivolgono ai «bag in box», le scatole che ne contengono da tre litri in su e appaiono più sostenibili e pratiche nell’uso quotidiano. Associato all’inizio a vino di bassa qualità, sempre più sta veicolando prodotti doc e docg e in questo ambito Alessandria vanta un sorprendente primato: è leader nel mondo per la produzione di un particolare all’apparenza insignificante, ma che fa la differenza, il rubinetto di plastica.

Lo produce la Vitop, nata negli anni 90 in Francia, passata nel’95 alla multinazionale Smurfit Kappa, e arrivata ad Alessandria da una costola di Guala e Bisio Progetti nel 2001. Nel 2005, dopo aver ricomprato le quote di Guala-Bisio, si è insediata su un’area di 13 mila metri quadrati in Zona D3, a fianco della Bisio.

Fu l’irlandese Michael Smurfit, appassionato forse più di vino che di whisky, a capire l’importanza del brevetto di una piccola azienda francese, alsaziana, e acquistarlo, svilupparlo tecnologicamente, e investire in stabilimenti sempre più all’avanguardia. Il brevetto è scaduto nel 2008, quindi la Vitop Moulding non è più la sola a poter produrre quel tipo di rubinetto, ma resta leader nel mercato mondiale con sedi in vari continenti come società che fa parte del gruppo Smurfit Kappa.

Il numero di rubinetti usciti dalla D3 è impressionante: «In 20 anni abbiamo prodotto 5 miliardi di pezzi e solo su 67 sono stati riscontrati difetti», dice orgoglioso Didier Pontcharraud, il general manager che arriva dagli inizi francesi del progetto. I punti di forza? «È a tenuta stagna, non perde liquido e non lascia passare ossigeno. È leggero, facilmente assemblabile (5 i componenti, tutti prodotti qui), il meccanismo è semplice: il rischio malfunzionamento remoto. [...]

Vitop offre il pacchetto completo: oltre al rubinetto anche il contenitore per il vino (i sacchi Bag-in-Box prodotti in Spagna e Francia) e la scatola di cartone in sinergia con la Smurfit Kappa.

Crisi da pandemia? Tutt’altro. «La gente ha cucinato di più e consumato più vino e il bag in box si è affermato non solo in Italia. Noi esportiamo il 95% della nostra produzione, soprattutto in Scandinavia, dove ormai il 70% del consumo avviene in queste confezioni, in Belgio, ma anche in Francia, dove ci si potrebbe immaginare una certa resistenza, ormai la metà dei clienti chiede vini in scatola».

Manca la parte Horeca (hotel, restaurant, cattering). «I nostri contenitori di maggiori dimensioni sono usati anche dalla ristorazione, anche se di solito non si mostrano ai clienti. Speriamo che il settore possa riprendere presto in pieno l’attività».

[...] Noi garantiamo a rubinetto sigillato una scadenza di 18 mesi, ma se si apre è meglio consumarlo entro 12 settimane, è come una bottiglia stappata».

La tenuta perfetta è una manna per altri liquidi commestibili: i bag-in-box si usano anche per l’olio, più sensibile del vino alla luce, o l’aceto, i succhi di frutta e altre eccellenze mediterranee: «E il latte fresco in scatola può durare fino a 3 settimane. I nostri contenitori sono usati anche per detersivi e igienizzanti che hanno conosciuto un boom. Stiamo sviluppando nuovi modelli di packaging morbido e di tappi, più piccoli, quindi con meno plastica».

Ecco appunto, il cartone è solo una parte: «Tutto ciò che viene a contatto con i liquidi alimentari per legge non può essere in plastica compostabile, cioè deperibile. Tuttavia, siamo la prima azienda certificata nell’uso di resine plastiche provenienti non da fonti fossili, ma da scarti di cellulosa. [...]».

Alla Vitop, producono anche altri accessori per i bag in box, come le maniglie. E costruiscono macchine per riempirli: «In 20 anni ne abbiamo fatte oltre mille, i clienti maggiori sono le cantine: noi forniamo tutta la base, loro devono solo stampare testo e loghi». Vitop ha una novantina di dipendenti, un fatturato attorno a 50 milioni e una certificazione sulla sicurezza Iso 45001: da 3 anni non si registrano incidenti in fabbrica.

 Fonte: La Stampa - Articolo di Piero Bottino

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